DAI DRAGONI DI SARDEGNA AI CARABINIERI REALI
Con l’acquisizione della Sardegna al regno Sabaudo, Vittorio Amedeo II, si trovò a dover organizzare le forze che assunsero il controllo di un territorio sino ad allora sconosciuto alla dinastia Sabauda e che rimase tale per alcuni decenni.
Già nel 1726 il sovrano, istituì sull’isola tre compagnie di Dragoni ai quali venne affidato l’incarico di tutelare la sicurezza di strade e campagne. Gli appartenenti a questo corpo, esclusivamente piemontesi, selezionati fra coloro che si fossero voluti volontariamente trasferire in Sardegna.
Nel’aprile del 1776, il corpo dei Dragoni venne integrato nella truppa di cavalleria leggera, il cui equipaggiamento venne ritenuto più idoneo per il servizio da svolgere in Sardegna. Da quel momento lo schieramento assunse la denominazione di Corpo dei Dragoni leggeri di Sardegna che la mantennero sino al 1808.
Nel 1808, i Dragoni vennero assorbiti, nel nuovo corpo dei Cavalleggeri di Sardegna nati con la volontà di rafforzare e svecchiare i reparti adibiti al controllo della pubblica sicurezza. Il loro ruolo era quello di assicurare un efficace e regolare controllo del territorio. Nell’estate del 1811 il reggimento dei Cavalleggeri venne ridimensionato e rimase invariato sino al 1815 quando 43 uomini della terza divisione, vennero inviati in Piemonte per essere assorbiti nei reparti di cavalleria.
Tra i reparti rimasti sull’isola si tento di supplire alla carenza di personale con il reclutamento di volontari tra i Sardi, ciò consenti al reggimento dei Cavalleggeri a continuare a presidiare il territorio sino al 1819, anno in cui il corpo venne soppresso a causa della sostituzione del corpo dei Cavalleggeri di Sardegna in quello dei Carabinieri Reali di Sardegna.
ISTITUZIONE DEL CORPO
Le regie patenti che istituiscono l’arma dei CC portano la data del 13 luglio 1814. Gli avvenimenti di maggiore rilevanza storica che si susseguono in Italia e in Europa nell’arco di tempo tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’ ‘800, influenzeranno notevolmente il destino dei popoli Europei, lasciano una profonda traccia in tutta la storia successiva. Tra essi:
Nel regno Sabaudo, Vittorio Emanuele I, rientrato a Torino dopo l’esilio in Sardegna di circa 15 anni, ordina il ripristino delle condizioni anteriori all’invasione napoleonica e ridistribuisce le cariche secondo il vecchio annuario di corte, e l’esercito viene ricostruito nei suoi vecchi reggimenti, con il ritorno agli organici del 1789.
Vittorio Emanuele I nei tempi dell’esilio aveva maturato in cuor suo la creazione di un nuovo corpo che proteggesse lo stato. Rientrato nella capitale del regno intende realizzare con urgenza, un Corpo nuovo dalla valenza multipla e dalle attribuzioni particolari, ispirata ai principi di libertà e riconoscimento dei diritti dei cittadini, di esaltazione di quei valori acquisiti dalla rivoluzione francese.
Cosi prese forma quell’organismo concepito dal re, un corpo preposto alla difesa dello stato e alla tutela attiva della popolazione. Questo corpo prenderà il nome di “Carabinieri Reali” dallo speciale armamento individuale la “carabina”.
UNITA’ D’ITALIA
In meno di un triennio (1859/1861) si realizza l’unificazione politica degli stati italiani sino alla costituzione del Regno di Italia. Il 18 febbraio 1861 s’inaugura a Torino il primo Parlamento Italiano, e il 17 marzo Vittorio Emanuele venne proclamato Re d’Italia.
Dopo l’unita d’Italia, il problema più rilevante è quello della sua organizzazione. Bisogna iniziare a cancellare nel costume degli italiani ogni residuo di regionalismo, occorre neutralizzare ogni forma di differenza tra nord e sud. In ogni campo della vita pubblica prevale un concetto unificatore ed accentratore, si estende a tutto il territorio lo statuto Albertino, i vari codici piemontesi e le varie istituzioni. Viene Istituito, come già era avvenuto per il regno di Sardegna, in ogni centro una Stazione dei Carabinieri ad identificare la presenza del Regno nel territorio.
Il primo 1 luglio 1871 si strappano a Roma i ministeri, e il giorno successivo il nuovo re Vittorio Emanuele II vi fa l’ingresso ufficiale. E il 27 novembre si apre con l’apertura del parlamento Roma diventa Capitale d’Italia.Quando il processo dell’unità Italiana si conclude, l’Arma dei Carabinieri ha già la sua storia ed ha acquisito grandi meriti anche nella considerazione della gente, oltre che presso le istituzioni nazionali unitarie.
EPOCA UMBERTINA
Il 1871 chiude l'epopea risorgimentale e apre le porte, sino al 1908, al cosiddetto periodo "umbertino" (da re Umberto I, che regnò dal 1878 al 1900). Le uniformi si fanno più sobrie, ispirate ai princìpi della comodità e della funzionalità. La "belle époque", a cavallo tra il XIX e il XX secolo, chiude il periodo d'oro dell'uniforme, delle parate con orpelli e pennacchi, delle battaglie come parate, con i reggimenti in linea e le bandiere al vento; i cannoni rigati e le armi a retrocarica imporranno un altro tipo di marzialità.
Uniformi austere, di colore grigio nelle tonalità dal verde oliva e al celestino, meno individuabili nell'ambiente, sostituiranno presto il turchino, il rosso, gli ori e gli argenti, per guerre meno cavalleresche, ma molto più devastanti. Solo i Carabinieri, con pochissimi altri Corpi in Europa, manterranno, assieme all'abbigliamento imposto dai tempi, il retaggio antico delle loro tradizioni nella visibile, esaltante immagine delle uniformi storiche, alle quali il 1875 aveva dato l'ultimo fondamentale tocco di classe.
PRIMO CENTENARIO DELL’ARMA DEI CARABINIERI
Il 13 luglio 1914, ricorrevano i cento anni dall’istituzione del corpo dei Reali Carabinieri, che ha per sua missione principale la vigilanza per il mantenimento e il rispettato dell'ordine e della legge, limiti inevitabili di ogni libertà. Essi sono stati istituiti per «vigilare alla pubblica sicurezza, assicurare nello Stato e in campo presso le Regie Armate la conservazione dell'ordine e l'assicurazione delle Leggi. Una vigilanza attiva non interrotta e repressiva - dice l'antico regolamento - costituisce l'essenza del servizio» di questo corpo speciale.Non vennero effettuate grandi celebrazioni, in quanto il previsto e imminente scoppio della prima Guerra mondiale, fece concentrare uomini e mezzi a presidio dei confini del Regno. Ma a ricordo di quella data un opera di Quinto Cenni denominata l’Apoteosi dell’Arma, illustra e rappresenta al meglio cento anni di storia passata, l’Apoteosi dell’Arma è una delle ultime opere del Cenni, rappresenta tutti i Comandanti Generali dell’Arma sulla cornice e al centro vi è la rappresentazione dell’intero corpo e reparti dell’Arma con la raffigurazione delle uniformi dalla sua istituzione sino a quelle del 1914.
La scintilla che appiccò il fuoco della prima guerra mondiale fu l’assassinio dell’erede al trono austriaco, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno del 1914. Il 28 luglio l’Austria - Ungheria dichiarò guerra alla Serbia. Si innescava così una veloce reazione a catena che estendeva la crisi all’intera Europa.Il 3 agosto 1914 l’Italia dichiarò la propria neutralità, il 26 aprile 1915, con il consenso del Re e all’insaputa del Parlamento, il primo ministro Salandra, siglò il patto di Londra con il quale l’Italia si impegnò a scendere in guerra in cambio di importanti concessioni territoriali. Il 24 maggio del 1915 l’Italia, rompendo il patto della triplice alleanza, dichiarò guerra all’Austria e alla Germania, per liberare il Trentino e la Venezia Giulia. Dopo varie vicissitudini, la guerra fu vinta, ma a prezzo della grande sofferenza e delle lacrime soprattutto di coloro che non riuscivano neppure a comprendere le ragioni vere del conflitto.
IL FASCISMO
Dalla Nascita alla Caduta
Il movimento dei 'Fasci di combattimento' fu fondato a Milano nel marzo del 1919 da Benito Mussolini e raccoglieva nelle sue file ex-combattenti ed interventisti, uniti in un programma di lotta contro la 'propaganda leninista' dei socialisti, accusati di aver tradito la nazione perché ostili alla guerra e contrari alle pretese italiane su Fiume e la Dalmazia.
Il movimento prese un assetto di tipo militare, formando 'squadre
d'azione'; i suoi aderenti indossavano la camicia nera, che era stata in guerra la divisa delle truppe d'assalto (gli Arditi) e salutavano a braccio teso, gesto preso dall'impero romano così come i
fasci littori, che erano l'antica insegna consolare.
Le prime manifestazioni del fascismo si ebbero nel clima incerto della crisi italiana del dopoguerra. Una delle conseguenze più drammatiche della guerra, infatti, fu che i costi del passaggio
dall'economia di guerra a quella di pace ricaddero sulle classi sociali più povere: aumento dei prezzi e conseguente caduta della lira, due milioni di disoccupati, fame ed incertezza per il
futuro.
Il fascismo in Sardegna
All'inizio degli Anni Venti, le organizzazioni degli ex combattenti erano diventate, anche in Sardegna, Fasci di Combattimento.
II Fascio di Cagliari
Era inizialmente composto da undici persone, tra i quali Manca di Nissa e sette decorati al valore; tale gruppo fu in seguito costituito da circa duecento individui.
II Fascio di Sassari
Fu istituito verso il 1920 ad opera di alcuni ufficiali ancora in servizio, ex combattenti e studenti, ma anche persone senza alcun titolo; il suo primo segretario fu Nino Campus Curis. Tra il 1921 ed il 1922 gli iscritti non erano più di una ventina, ma poco tempo dopo il loro numero aumentò, ad opera dell'avvocato Luigi Pilo, grande oratore, che aveva fatto 'pratica di squadrismo' presso Dino Grandi. Gli iscritti di Sassari per la maggior parte non risiedevano in città, motivo per cui il fascismo riuscì ad affermarsi veramente nell' estate del 1922 ad opera dei Sardisti.
A Porto Torres
Dove venne istituito anche il fascio femminile, il gruppo dei fasci sorse ad opera di un pescivendolo, Paolino Colombino.
Nell' Iglesiente
i Fasci di Combattimento diventarono il braccio armato dei padroni
delle miniere contro le rivendicazioni dei minatori. A capo di esse c'era Bellini; egli, tra l'altro, diceva che bisognava agire nascostamente contro i socialisti, dei quali facevano parte moltissimi
minatori, perché, se tali azioni fossero state eseguite allo scoperto, avrebbero attirato simpatie a favore del PSI. C'era, infatti, da parte dei combattenti sardi e dell' Associazione Esercenti
Miniere, una forte esigenza di volgere le controversie tra gli operai delle miniere e gli impresari minerari a favore di questi ultimi. I minatori dell’Iglesiente chiedevano l'aumento dei salari e la
retribuzione degli straordinari.
L'azione dei Fasci di Combattimento si concentrò in particolare contro la Federazione Minatori, il Partito Socialista e la Camera del Lavoro di Iglesias. Era stato Guido Otelli, presidente della Sezione Combattenti di Iglesias, a fondare il suo fascio,
appoggiato da un ex tenente della Brigata Sassari e da altri ex ufficiali; in seguito egli sarà nominato console, con il compito di organizzare le Milizie Volontarie per la sicurezza della
Sardegna.
Col tempo, il fascismo in Sardegna si affermò sia per le violenze delle squadre d'azione sia per l'appoggio dei due quotidiani sardi, La Nuova Sardegna e L'Unione Sarda, che facevano propaganda al regime ed addossavano le colpe dei misfatti squadristi alle vittime della stessa violenza fascista.
Un nuovo ordinamento amministrativo
Nel novembre del 1921 il movimento fondato da Mussolini si trasformo in Partito Nazionale Fascista; aveva circa centomila iscritti e puntava decisamente a strappare il potere statale alla vecchia classe dirigente.
Nella primavera del 1922 le squadre fasciste occuparono impunemente
alcune città, al congresso di Napoli, avvenuto il 24 ottobre 1922, fu lanciato l’appello per la conquista immediata del potere: 20-25 mila camice nere dette squadre d’azione, partendo dall’Italia
centrale, si diressero verso Roma (28 ottobre1922). L’allora governo Facta proclamo lo stato d’assedio, ma il re, temendo di scatenare una guerra civile, si rifiutò di firmare l’ordine, accetto le
dimissioni di Facta e diede a Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo.
La pacificazione attesa da molti non vi fu: e i fascisti continuarono ad aggredire i loro avversari. A poco a poco il partito fascista inserì i propri organismi nello stato in modo da dare una
parvenza legale alla propria violenza.
Nel 1924 ci furono le ultime elezioni, e Mussolini si presento con
una lista formata non solo da fascisti. Ma in poco tempo il regime entro in tutto l’apparato statale, la divisione era semplice, quegli uffici che proiettavano la propria attività su tutto il territorio nazionale andavano a costituire l’amministrazione centrale; quelli che la esercitavano in
ambiti più limitati costituivano l’amministrazione locale.
Lo Stato si componeva di Province e Comuni; a dirigere questi ultimi veniva indicato un Podestà, di nomina regia, che durava in carica cinque anni e poteva essere riconfermato.
Il Podestà sostituiva il Sindaco, sia rappresentando il potere governativo a livello comunale, e sia garantendo l’attività amministrativa in sede locale.
Per tali compiti, il Podestà disponeva di personale e uffici propri, con giurisdizione amministrativa e poteri su tutto il territorio comunale a lui assegnato.
Per effetto del Decreto Legge 17 marzo 1927, n. 383, che prevedeva lo scioglimento di tutti i Comuni con un numero di residenti inferiore a 1.500 abitanti e la loro aggregazione ad altro Comune vicino, Norbello, Abbasanta, Boroneddu, Domusnovas Canales,
Soddì, Zuri e Tadasuni, nello stesso anno vennero tutti accorpati al Comune di Ghilarza. Alla deliberazione n. 5 dell’1 aprile 1927, risulta allegata una relazione esplicativa riportante i dati sulla
popolazione e la distanza, su strada rotabile, che separava i diversi centri abitati dal Comune indicato come capoluogo.
Per ogni Comune aggregato risulta anche indicata la descrizione dello stato dei servizi amministrativi.
Tralasciando gli altri Comuni, troviamo per Norbello: “Fa ufficio a se con un Segretario”.
Troviamo, inoltre, per Domusnovas Canales: “Ufficio retto a scavalco dal Segretario di Norbello”
Sede Fascista a Norbello
Anche a Norbello venne aperta una sede politica e organizzativa del Partito Nazionale Fascista, di tale organizzazione non è rimasta traccia documentale della sua inaugurazione ed apertura della struttura, ma si può pensare ad una data collocabile tra il 1926 e il 1927.
I sostenitori di Mussolini la utilizzavano per il capillare
controllo dei singoli cittadini e dello loro attività e per promuovere e coordinare le iniziative del regime e la relativa propaganda.
La Casa del Fascio, era sistemata internamente alla struttura della casa Sotgiu, alla fine della via Vittorio Emanuele e,
strategicamente, quasi di fronte alla Casa Comunale e in continuità con la piazza Parrocchia, usata quale spazio aperto per l’organizzazione dei raduni e delle manifestazioni del regime. Infatti
nella nuova piazza Parrocchia dopo il 1935 venivano effettuata l’esercitazione obbligatoria del sabato fascista e, naturalmente, in caso di assenza, scattavano per i colpevoli richiami pubblici e
segnalazioni di comportamento anti-fascista, si trattava, almeno per i cittadini più giovani, sia maschi che femmine, dell’introduzione di una forma di istruzione pre-militare obbligatoria a cui
venivano chiamati ogni sabato, con appositi raduni, sulla base di una suddivisione per fasce di età che comprendeva: Balilla e Avanguardisti, Piccole e Giovani Italiane.
Gli esponenti norbellesi scelti e nominati dalle gerarchie del Partito Nazionale Fascista per dirigere e rappresentare il regime, curandone gli aspetti organizzativi e le iniziative, furono Casula Giovanni Battista, nato nel 1904 e deceduto nel 1973, e Sanna Giovanni Antonio, nato nel 1908 e deceduto nel 2004.
La caduta del fascismo
Era il 1943 e in Italia, intanto, i partiti antifascisti avevano ripreso l'attività clandestina; coloro che vi aderivano .erano socialisti, comunisti o membri del Partito d’azione [il quale proseguiva la linea del movimento 'Giustizia e Libertà' dei fratelli Rosselli, liberali ed iscritti alla Democrazia Cristiana; tutti aspettavano da tempo la caduta del fascismo e fomentavano l'insofferenza popolare verso di esso, causata dalle sconfitte dell' esercito italiano e dal conseguente indebolimento del prestigio di Mussolini oltre che dalla stanchezza per la guerra e il carovita. Perciò, nel marzo del 1943, al Nord, i primi scioperi, organizzati dai partiti operai, bloccarono la produzione militare nelle fabbriche. Dopo la resa del corpo ìtalo-tedesco in Tunisia gli Anglo-americani sbarcarono a Pantelleria e Lampedusa il 12 giugno 1943 [Il 24 giugno Mussolini pronuncia l'infelice discorso 'bagnasciuga' poi in Sicilia (10 luglio 1943) tra Licata, ed Angusta, ed il 23 luglio, senza incontrare quasi alcuna resistenza, entrarono a Palermo per risalire la penisola. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio, il Gran Consiglio del Fascismo approvò un documento che chiedeva al re di riprendere il comando delle forze armate al posto di Mussolini, che invitato dal re ad un colloquio, venne arrestato (25 lug1io). Badoglio, nominato capo del governo, dichiarò subito che la guerra sarebbe continuata, mentre il regime fascista crollava, tra manifestazioni di esultanza popolare e, dopo aver sciolto il PNF, liberò i prigionieri politici, senza però ristabilire in pieno le libertà civili e politiche e riconoscere come legali i partiti antifascisti
I tedeschi, resi diffidenti dalla caduta dei fascismo, rafforzarono le loro truppe in Italia. Intanto con il consenso il re, Badoglio preparava un accordo con gli Anglo-americani per l'armistizio, firmato a Cassibile, in Sicilia, il 3 settembre del 1943 e divulgato dagli alleati l'8 settembre, quando Badoglio annunciò che: 'Le truppe italiane sospendono ogni combattimento con gli Alleati, ma reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza'. Una spaventosa confusione si verificò nei contingenti militari italiari: l'esercito si ritrovò senza ordini precisi, sbandato, subito attaccato da ingenti forze tedesche che catturarono migliaia di soldati italiani, imprigionandoli in seguito nei campi di concentramento, e, anche se si ebbero molti valorosi episodi di resistenza la fine della guerra fu per molti soldati una corsa affannosa per tornare a casa, evitando altri combattimenti.
Le armate italiane nei Balcani furono catturate dai tedeschi, che trattarono i militari italiani, i 'badogliani', come dei traditori,una parte di esse, invece, cadde prigioniera dei partigiani Jugoslavi, guidati da Josip Broz, detto Tito.
Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso in Abruzzo, fu improvvisamente liberato da un commando di SS guidato da Otto Skorzeny e portato in Germania da Hitler, dove il 'duce' accettò l'invito a ricostituire il fascismo sotto la protezione dei tedeschi: nacque cosi nell'Italia Settentrionale, privata però della Venezia Giulia e del Trentina, che Hitler aveva aggregato al Reic, la Repubblica Sociale Italiana RSI o Repubblica di Salò, l'ultima manifestazione del regime fascista.
Un Norbellese sostenitore della Repubblica di Salò
Qui di seguito è riportato il documento con il quale il Norbellese
si discolpa dalle accuse, di essere sostenitore della sedicente Repubblica.
Incolpato secondo il D.L.L. 9 novembre 1945 n .702 di aver prestato servizio volontario nella formazione del governo della Sedicente repubblica di Salò, di aver quale comandante di una stazione nei
pressi di Como, proceduto all’arresto dei disertori dell’Esercito repubblicano, di aver proceduto al sequestro di gomme di proprietà dell’ebreo WEISS, nascoste in una casa di quel abitato.
Ho prestato servizio nella Stazione CC… dal 7 maggio 1943 al 2 giugno 1944, quale comandante…non come volontario, ma perché obbligato dagli eventi bellici e dalle circostanze familiari, essendo tanto
io come mia moglie dei sardi, senza parenti né amici al nord e senza altre risorse economiche.
Dal 2 al 13 giugno 1944 a riposo in caserma, dal 14 al 30 giugno 1944 all’ospedale militare di Baggio di Milano, dal 1 al 15 luglio in convalescenza ed il 18 luglio inviato in congedo provvisori.
Premetto che non ho mai creduto di servire l’esercito repubblicano ma bensì l’italia avendo sempre indossato la divisa da carabiniere… Non ho mai indossato alcun indumento diverso da quelli indossati prima dell’8settembre 1943, tanto è vero che per evitare di indossare la camicia nera mi sono dato malato…
Nella prima decade di Febbraio, i due giovani militari, che si
trovavano preso il paese in cui ero comandante, si presentarono al distretto di Como per rispondere al bando dell’ ex esercito repubblicano. Dal distretto vennero entrambi assegnati alla Flak di
Torino e muniti di foglio di viaggio… se non ché prima di raggiungere Torino, i due scesero dal treno e tornarono in paese per rifugiarsi…
La questura repubblicana di Como ordinava l’arresto dei due, ma la richiesta è stata nell’ufficio di stazione per oltre due mesi, e soltanto a seguito
di sollecito telegrafico da parte della questura, il vicebrigadiere, in una mattina del mese di maggio 1944, procedeva all’arresto dei due. Preciso che al momento dell’arresto dei due uscivo
dall’ufficio comunale e visto che uno dei due tentava di fuggire passandomi davanti inseguito dal Carabiniere, estrassi dalla fondina la pistola per intimarle a fermarsi… non ho compilato alcun
verbale per l’arresto dei due limitandomi solamente a scrivere alla Questura di Como l’arresto senza scendere a particolari considerazioni…
Riguardo al sequestro delle 19 gomme per automobile dichiaro che le medesime sono state da me sequestrate alle ore 12:00 del 6 maggio 1944…, non per mia spontanea volontà ma per imposizione dell’allora segretario politico e Vice comandante delle Brigate nere, il quale nell’ufficio comunale, presente il segretario e un commerciante con attività in piazza Cordusio di Milano, disse che se non sequestravo le gomme vi erano pallottole e confine in Polonia per me e il negoziante, che lo riteneva a conoscenza del luogo ove erano nascoste le gomme, visto che il proprietario l’ebreo Weiss, prima dell’ 8 settembre alloggiava presso la sua villa…
Premettendo che ero a conoscenza del nascondiglio dal settembre 43 e
non dal maggio 1944….Procedetti al sequestro per ragioni facili da comprendere… per evitare possibili conseguenze alla casa del commerciante mi sono assunto la grave responsabilità di non riferire l’atto di sequestro alle competenti autorità
giudiziarie… limitandomi soltanto a riferirlo ai miei diretti superiori.
…Come ben si deduce da quanto sopra detto, dopo l’ 8 settembre 1943 e sino al 2 giugno 1944, non ho affatto prestato servizio volontario nelle formazioni del governo della Sedicente Repubblica
Sociale Italiana, ma perché forzato anche da ordini superiori, e in fatti ritengo opportuno trascrivere il seguente fonogramma ricevuto
personalmente da me alle 15 del 10 settembre 1943 dalla Compagnia Carabinieri di Lecco:
“ I carabinieri rimangano a presidiare le loro caserme le quali, se attaccate, devono essere difese sino all’arrivo di eventuali Comandi tedeschi. I comandanti facciano presente che i militari dell’Arma fanno esclusivamente servizio di carattere territoriale e, dove esistono, distaccamenti servizio di T.F.2. E’ fatto assoluto divieto, a qualsiasi militare, di allontanarsi dalla sede e di indossare gli abiti civili. Sia immediatamente distrutto il carteggio compromettente… '
L’arresto dei due, dunque mi venne ordinato da chi allora comandava
il nord… e il sequestro delle gomme è avvenuto ugualmente perché obbligato dalle autorità politiche del luogo.
Per tenere fede al giuramento ho abbandonato il servizio militare quando ho visto che si doveva servire la Repubblica Sociale Italiana, ho sofferto disagi e privazioni, sono stato nascosto per ben 15
giorni in Via Vitruvie di Milano, per evitare l’arresto da parte delle brigate nere che il 18 settembre 1944 si recarono presso il mio alloggio, in n. di 16 e armati, per fucilarmi, in quanto
sospettato di svolgere propaganda a danno della Repubblica, ma dato che non mi trovarono, perquisirono il mio alloggio e rinvennero una bandiera tricolore di conseguenza arrestarono la mia famiglia…
il 26 novembre 1944 ho sofferto l’arresto e la prigione nelle carceri delle brigate nere di Merate perché sospettato dell’uccisione di una guardia nazionale repubblicana.
Se avessi creduto lontanamente di essere stato incolpato di servire
volontariamente la repubblica non avrei, qualche giorno dopo l’8 settembre 1943 sequestrato due autocarri pesanti nuovissimi ed una fiat 1500, abbandonati dai soldati del ex esercito Italiano, e
passarli con targhe inventate ai partigiani che si trovavano nelle vicinanze di Lecce…Non avrei, nemmeno consegnato armi agli abitanti del paese… avrei potuto
indicare i nascondigli dei partigiani… e invece, non servendo la repubblica sociale ma bensì l’Italia, ho sempre certo di aiutare tutti gli oppositori del fascismo.
Indubbiamente i pochi mesi che ho fatto sotto la suddetta repubblica sono stati a favore della causa per la liberazione del nord…
La tragedia,…. Dell’Arma dei Carabinieri del Nord, può essere
compresa soltanto da coloro che l’hanno vissuta. Si viveva continuamente sotto l’incubo della deportazione in Germania o in Polonia, della galera e della fucilazione. I civili pur avendo sempre stimi
dell’Arma non potevano materialmente né moralmente aiutarla…
Perciò tutti i militari del Nord, hanno sofferto privazioni umiliazioni materiali e morali. Ho l’animo tranquillo di aver servito fedelmente ed onorevolmente l’Arma e l’Italia in pace e in guerra.
Norbello 14/03/1947
Dopo la caduta delle accuse, la commissione Giudicatrice, assegno al Norbellese diverse onorificenze per il servizio svolto durante tutto il periodo bellico e per aver nonostante tutto, prestato Fede
al suo giuramento e servito a rischio della propria vita e di quella dei suoi cari l’Italia.
ASSOCIAZIONE COMBATTENTI E REDUCI
L’Associazione Nazionale Combattenti e reduci Norbellese, ha probabilmente origine dopo la prima guerra mondiale, ma l'unico documento che attesta l'esistenza dell'associazione prima della seconda guerra risale agli anni'30, infatti, esiste un registro di protocollo con la dicitura Sezione Combattenti, e la prima datazione risale al 31 gennaio 1934, purtroppo non si trovano altri documenti cartacei che attestano l’esistenza della sezione, l’ultimo anno presente sul registro è 1945 anno precedente alla ristituzione del Comune di Norbello che sino ad allora era frazione di Abbasanta.
Il carteggio riprende più tardi nel dopoguerra, infatti, in ogni paese d’Italia, piccolo o grande, si cominciò a pensare quale fosse il modo migliore per rendere onore alle vittime del conflitto, promosse soprattutto dalle associazioni degli ex combattenti.
IL MONUMENTO AI CADUTI IN GUERRA
Un immagine del monumento alla sua innaugurazione e una così come lo si vede attualmente
Anche a Norbello, nel 1952, venne costituita l’Associazione
Combattenti e Reduci, che raccolse ben presto circa 90 iscritti e, con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, cominciò a lavorare per rendere possibile la realizzazione di un monumento in
memoria dei Norbellesi caduti in guerra.
Si cercò un punto adatto ad accoglierlo e venne individuato al centro del paese, oggi comunemente indicata come sa pratza de su Monumentu.
L’incarico della realizzazione venne affidato all’artigiano Mele Pasqualino, di Norbello, il quale lavorò per circa due anni, alla realizzazione dell’opera. Essa venne ultimata e inaugurata il 23 maggio del 1954, poiché il 24 maggio l’anno cadeva di lunedì e si preferì farla la domenica.
La cerimonia di inaugurazione fu grande e solenne. Il costo dell’opera fu di lire 430.800, a totale carico dei combattenti e della popolazione; contribuì anche il Comune con la somma di lire 25.000.
La spesa per la realizzazione del monumento fu la seguente:
Estrazione trachite rossa da cava e trasporto £ 27.150
Per alloggio a Mele Pasqualino £ 850
Lavorazione pietra £ 82.200
Acquisto materiale, trasporto pietra e scavo £ 32.450
Marmista £ 99.000
Ghiaia £ 4.600
Sottogola elmetti £ 500
Spesa recinto £ 50.000
Messa in opera a Latte Serafino £ 11.250
Messa in opera e acquisto materiale a Mele Pasqualino £ 40.000
Manodopera e trasporto £ 85.000
Per un totale di £ 430.800
Il 12 maggio 1954, pochi giorni prima della cerimonia inaugurale del Monumento ai Caduti di tutte le guerre, con verbale n. 13, il Consiglio Comunale, su richiesta di Laconi Giovanni Andrea, allora presidente pro-tempore della Sezione Combattenti di Norbello, approvò la deliberazione, con la quale piazza assumesse la dominazione odierna di “Piazza dei Caduti”.
L’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Norbello è sciolta dal 1992, oggi le funzioni di rappresentanza per la celebrazione del 4 Novembre vengono effettuate dall’Associazione Nazionale Carabinieri, col patrocinio dell’amministrazione comunale.
Dall'Archivio dell'Associazione Nazionale Carabinieri - Sezione di Norbello
I 30 NOMI DELLA MEMORIA
Il primo conflitto mondiale
Durante il primo conflitto mondiale, coloro che vennero chiamati o
richiamati alle armi di Norbello furono ben 95, compresi nelle classi tra il 1880 e il 1899; in particolare, i ragazzi del ‘99 costretti a partire giovanissimi, coloro che fecero vincere la guerra
all’Italia, furono otto. Il conflitto fu vinto, ma a prezzo di una grande sofferenza e delle lacrime di coloro che non riuscivano neppure a comprendere le ragioni reali della
guerra.
Fra i tanti a cui venne chiesto il sacrificio della loro stessa vita ci furono anche venti norbellesi che, ancora oggi e a distanza di tanto tempo, è
giusto e doveroso ricordare per nome:
o Maresciallo Maggiore Porcu Salvatore
o Caporale Maggiore Arca Raffaele
o Caporale Maggiore Manca Franceschino
o Caporale Porcu Raffaele
o Guardia di Finanza Arca Diego
o Soldato Angioni Adamo
o Soldato Chessa Franceschino
o Soldato Deriu Macario
o Soldato Flore Antonio
o Soldato Fredda Franceschino
o Soldato Mura Andrea
o Soldato Manca Pietro
o Soldato Meloni Romano
o Soldato Piras Giovanni Santus
o Soldato Pinna Giuseppe
o Soldato Piras Stefano
o Soldato Scarpa Michele
o Soldato Scarpa Vincenzo
o Soldato Scarpa Salvatore
o Soldato Sanna Francesco Antonio
Da ricordare PORCU GIOVANNI SALVATORE nato a Norbello il 20/09/1887
Medaglia d’argento al V.M.
Da oltre nove mesi in Gorizia, pieno di zelo e di spirito di
sacrificio, non curò mai, in occasione di bombardamenti, di portarsi al riparo, per accorrere prontamente in aiuto ai colpiti, finché il giorno 14 maggio u.s., mentre ritornava dall’aver soccorso una
famiglia, nella quale un grosso calibro nemico aveva fatto 4 vittime, sentendo che altro colpo da 381 aveva distrutto una casa, sede di combattimento di un reggimento, senza esitare nonostante l’intenso bombardamento, si dirigeva a quella volta,
ove veniva colpito da scheggia di granata che gli asporto l’occhio sinistro. Da solo si recava al posto di medicazione, mostrando nonostante la grave ferita, eroica serenità e forza
d’animo.
Gorizia 14 maggio 1917
Fra i reduci della grande guerra, oltre ad alcuni mutilati già decorati al merito di guerra, si contava anche il soldato del 45° Regg.to di Fanteria Careddu Giuseppe,
nato a Sedilo il 3 ottobre del 1893 e morto a Norbello il 14 gennaio del 1976, decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Nobile esempio di arditezza e coraggio,
moltiplicava ogni sua energia per portarsi ovunque gli fosse ordinato e per soccorrere i compagni feriti.
Il secondo conflitto mondiale
Il secondo confitto mondiale scoppiato a seguito di ideologie
politiche di alcuni individui, risemino in tutta Europa e nel mondo, fame distruzione e morte… anche i questo conflitto numerosi norbellesi si sono distinti per il loro coraggio e le loro azioni.
Il 25 aprile, data oggi commemorata come Festa della Liberazione, le truppe tedesche ancora su suolo italiano si arrendono agli alleati e Benito Mussolini, in fuga con alcuni suoi gerarchi, venne
riconosciuto, benché indossasse una divisa tedesca, da alcuni partigiani mentre tentava la fuga in Svizzera con un drappello di soldati Tedeschi, imprigionato per qualche tempo e immediatamente
fucilato, e appeso insieme all’amante, a Piazzale Loreto in Milano, subendo ciò che tanti altri Italiani per suo ordine subirono.
La seconda guerra mondiale fu la più estesa e la più sanguinosa della storia; le perdite umane furono immense e l’Italia, oltre ai civili, perse 400 mila soldati; fra di essi si contarono anche
quattro norbellesi:
- Mele Peppino - Primo aviere
- Medde Egidio - Guardia di Finanza
- Sanna Battistino - Soldato
- Scarpa Vincenzo - Soldato.
Da ricordare All’aviere MELE
PEPPINO
Medaglia di bronzo al V.M.
Mitragliere di velivolo da bombardamento, partecipava alla
vittoriosa battaglia aereonavale di mezzo agosto, portando arditamente l’offesa delle nostre armi nel cuore della formazione nemica alla quale infliggeva perdite e danni gravissimi.
Sosteneva valorosamente un attacco di caccia nemici contribuendo all’abbattimento di nove di essi finché sopraffatto dal numero, col velivolo in fiamme, era costretto ad abbandonare la formazione, e
non faceva ritorno alla base.
Anche i caduti Norbellesi, come le altre vittime della guerra nazifascista, furono soldati che, diedero spesso testimonianza di eroismo, per la difesa della propria identità Nazionale. Altri
norbellesi finirono nei campi di concentramento, in Germania o in altri paesi, e dopo aver subito ogni sorta di privazioni e umiliazioni, sia
fisiche che morali, rientrarono in patria a distanza di anni. Fra loro possono essere ricordati: Manca Giovanni Santus (classe 1917), Miscali Battista (classe 1923), Medde Giovannino (classe 1923),
Pinna Angelino (classe 1916) .
Da ricordare PINNA RAFFAELE nato a Norbello il
18/07/1885
Medaglia d’Argento al V.M.
In occasione di gravi tumulti popolari trovandosi al seguito del
comandante il battaglione ed accortosi che un gruppo di esaltati tentava di colpire il suo superiore, gli faceva scudo della sua sua persona
rimanendo gravemente ferito all’addome. Noncurante della ferita e del pericolo avanzo solo nel mezzo della piazza facendo fuoco con la rivoltella contro i dimostranti disperdendoli, e soltanto quando
si senti venir meno, non senza resistenza si lascio trasportare, protestando di non voler lasciare soli superiori e compagni.
Milano 22 giugno 1922
Da ricordare SCARPA COSIMO di
Norbello
Medaglia di Bronzo al V.M.
Essendo stato attaccato il proprio plotone ribatteva con prontezza
il fuoco nemico e slanciatosi verso la posizione avversaria con il proprio esempio trascinava ad imitarlo gli altri componenti della sua squadra fugando il nemico e occupandone le posizioni.
S. Colonia 16 gennaio 1939
Da ricordare L’APP.TO MANCA GIOVANNI BATTISTA classe 1908
Deceduto nell’Ospedale Militare di Sassari il 13 giugno 1946; alla
memoria dell’Appuntato, deceduto per causa di guerra all’età di 38 anni, è stata anche intestata la locale Sezione dell’Associazione dei Carabinieri in congedo,
per i servizi resi contro la lotta alla criminalità e per la decorazione al merito con due Croci di Guerra.
Norbello ai suoi EROI
MUORE IL COMANDANTE DELLA STAZIONE CC DI NORBELLO 1965
un immagine del Brigadiere Spanu e della cerimonia di intitolazione della Via del 26 aprile 2006
Il Brigadiere Spanu Giacomino – Medaglia d’argento al V. M. (alla memoria)
“” Comandante di stazione in zona particolarmente delicata per le
condizioni della sicurezza pubblica, avuta notizia – attraverso efficace rete informativa da lui stesso costituita - della prossima perpetrazione di rapina in danno di amministrazione statale, dopo
aver concorso validamente all’organizzazione del complesso servizio per la cattura in flagranza dei responsabili, partecipava attivamente all’operazione durante la quale, nell’affrontare con
decisione e sprezzo del pericolo due malfattori armati e travisati, cadeva colpito a morte da uno di essi che, a seguito della pronta reazione di fuoco degli altri militari operanti, rimaneva
ucciso””.
Questa è la dicitura con la quale viene assegnata al Brigadiere la Medaglia d’Argento al V.M. (alla memoria).
Nota biografica
Brigadiere CC M.A.V.M. Giacomino Spanu, nato a Sorso (SS) il 25
luglio 1930, già comandante della stazione Carabinieri di Norbello (OR) dal 25 novembre 1963 al 26 aprile 1965.
Arruolato nell’Arma, in qualità di allievo CC a Piedi, il 29 luglio 1950
Promosso Carabiniere il 31 dicembre 1951;
ammesso alla prima rafferma dal 21 luglio 1954;
ha prestato servizio:
dal 21 luglio ’51 al 1 gennaio ’52 al 2° Btg. Allievi Barletta – arruolamento;
dal 04 gennaio ’52 al 2 agosto ’58 alla Scuola All. Sottufficiali Firenze – frequenta corso;
dal 31 agosto ’58 al 28 settembre ’58 alla stazione di Monteponi (CA) – promozione servizio;
dal 29 settembre ’58 al 13 luglio ’63 – Comando Compagnia forza assente;
dal 25 novembre ’63 al 26 aprile 1965 alla stazione di Norbello quale Comandante.
Deceduto il 26 aprile ’65 in conflitto a fuoco in agro di Abbasanta.
Dalla Stampa dell’epoca
Il bandito fulminato da una raffica di mitra mentre tentava di fuggire dalla stazione è l’assassino del brigadiere Spanu.
Si era appresso che da diversi giorni gli impiegati alla stazione di Abbasanta avevano notato alcuni individui sospetti … specie durante le ore serali. Del fatto era stata data comunicazione alla
tenenza di Ghilarza… Per tre sere consecutive i carabinieri avevano predisposto una stretta sorveglianza, soprattutto perché nelle casseforti della Stazione era conservata una somma considerevole,
circa 800 mila lire…. Ancora ieri i carabinieri di Ghilarza avevano predisposto il servizio di sorveglianza iniziandolo alle 21.
Il tenente Boldrini, con il Brigadiere Spanu e il carabiniere Cimiglio, avevano preso posto in un piccolo ingresso; da questo ingresso attraverso una scala ripida, si sale ai piani superiori … Altri carabinieri avevano preso posto nel retro della biglietteria in uno stanzino comunicante con l’ufficio principale e presso il parapetto del piazzale della stazione e altri ancora dentro un vagone fermo sui binari a un centinaio di metri dalla stazione.
…Intorno alle 23,30 nell’ufficio era solo un funzionario, che svolgeva il suo lavoro, ma a quell’ora, mentre rispondeva al telefono alla stazione di Bauladu che gli comunicava la partenza dell’ultimo treno, volgendo lo sguardo per la stanza notava con un tonfo al cuore due occhi che lo fissavano attraverso il vetro della porta d’ingresso.
… I rapinatori giunti da un altro ingresso agli uffici, erano tre. Appena il funzionario scomparve in uno stanzino, uno dei malviventi si introduceva nel locale facendo pochi passi all’interno. Era di corporatura media, aveva un berretto sporco calato sul viso che era coperto da un panno ruvido color carta da zucchero. In mano teneva un moschetto. Al suo ingresso il Tenente, appiattato nello stanzino, fatti scostare sulla scaletta il brigadiere Spanu e il Carabiniere perché stessero al riparo, si chinava, col mitra spianato apriva lentamente la porta puntando l’arma sul rapinatore. A questo punto è avvenuta la tragedia.
Il bandito rimasto sulla porta insieme al compagno scrutava con la massima attenzione all’interno e alla vista della porta che veniva spalancata puntava il moschetto. In quell’attimo, il rapinatore entrato nell’ufficio, udito il movimento del compagno, si voltava di colpo e vistolo pronto a sparare urlava “No No”, quasi a dire di non sparare. Contemporaneamente il compagno lasciava partire un colpo contro la porta. Il proiettile infrangendo il vetro della porta, sibillava nell’ufficio, si conficcava nell’anta destra della porta dello stanzino, scheggiava lo stipite dell’altra parte e colpiva il Brigadiere Spanu… L’azione fu talmente fulminia che il Tenente e gli altri carabinieri che si trovavano all’interno degli uffici non riuscirono ad intervenire che i banditi si erano gia dati alla fuga.
Il tenente e il carabiniere si gettarono all’inseguimento dei
banditi, coi mitra spianati e aprirono il fuoco, mentre uno fuggi immediatamente verso Norbello dileguandosi, gli altri due si allontanavano di corsa sulla sinistra, uno dei due svolto
improvvisamente cambiando direzione, raggiungeva il muretto di recinzione e sparando due colpi verso il Tenente e il carabiniere si dileguava in direzione di Ula Tirso a bordo di una vettura che
attendeva poco distante. Il terzo invece, cercava di raggiungere il limite meridionale della stazione per guadagnare la campagna, ma dopo settanta metri veniva raggiunto da una raffica di mitra alle
spalle. Le ricerche dei due continuarono alle prime luci dell’alba, ma di loro non vi fu traccia.
Da L’unione Sarda - Abbasanta 27 aprile 1965
L’Amministrazione Comunale, inserendolo nella lista ideale e nel ricordo dei servitori più illustri della propria comunità ha provveduto, su proposta del Presidente pro-tempore dell’Associazione
Nazionale Carabinieri di Norbello, il M.llo C. Giovanni Battista Deiana, ad intestargli una via dell’abitato nel quarantennale dalla sua morte.
Alla cerimonia svoltasi il 26 aprile 2006, tantissime le persone a rendergli omaggio, oltre a numerose autorità civili, c’erano il comandante della Regione CC Sardegna, Generale Gilberto Murgia, il
maggiore Andrea Mateuzzi, comandante provinciale interinale, di Oristano e rappresentanze dell’Arma in Servizio e in Congedo. A dare solennità alla cerimonia è stato in oltre un picchetto del 3°
battaglione allievi CC di Iglesias e la fanfara della Brigata Sassari. La targa della via è stata scoperta dal fratello di Giacomino Nino Spanu e dai Sindaci di Norbello e Sorso.
L’unione sarda – Norbello 27 aprile 2006
La famiglia del brigadiere Spanu, che ha seguito con grande commozione la cerimonia, ha dichiarato per voce del Fratello Nino “ Tutta la nostra famiglia è soddisfatta e ringrazia vivamente la Sezione
di Norbello, perché anche dopo 40 anni dal triste evento non ha dimenticato, e anzi ha voluto che rimanesse nella memoria di tutti, con questo importante gesto. I carabinieri non hanno dimenticato il
sacrificio di mio fratello. Siamo venuti numerosi da Sorso, con tutti i nostri parenti e conoscenti per partecipare a questa circostanza ragguardevole”.
Articolo 21 – Aprile 2006